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Carlo Ratti | Assaf Biderman | Eugenio Morello | Francisca Rojas

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senseable city | mit

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Luogo di convergenza tra architettura, urbanistica, sociologia e interazione uomo-computer, il MIT senseable city lab si occupa dei rapporti tra persone, città e nuove tecnologie.

 

Vi ricordate del 1995? Sono passati poco più di dieci anni, eppure sembra un secolo. Mosaic, il primo Internet browser, era appena comparso. Internet muoveva i primi passi, ancora regno ad uso esclusivo di abili geeks. Ma l’entusiasmo per il mondo digitale era tale che alcuni credevano avremmo presto vissuto vite virtuali. Gli studiosi ipotizzavano l’impatto sulla vitalità urbana della rivoluzione digitale in corso. Il punto di vista prevalente era che la “morte della distanza” derivante dai media digitali e da Internet avrebbe certamente comportato la “morte delle città”. Gilder proclamò che “Le città sono un bagaglio lasciato dall’era industriale” e concluse che “ci stiamo dirigendo verso la morte delle città”, a causa dello sviluppo ininterrotto di personal computing, telecomunicazioni e produzione distribuita.

A posteriori, sappiamo tutti che la storia ha preso ben altra piega. In realtà, mai le città sono state fiorenti come negli ultimi due decenni. La Cina è sul punto di costruire una quantità di tessuto urbano maggiore a quello mai costruito dall’umanità. E il 2008 ha visto verificarsi un momento particolarmente significativo: per la prima volta nella storia, oltre metà della popolazione mondiale, 3,3 miliardi di persone, vive in aree urbane. Entro il 2030, si prevede che il dato sfiorerà i 5 miliardi.

La rivoluzione digitale non ha finito per uccidere le nostre città, ma non le ha nemmeno lasciate inalterate. Uno strato di elementi digitali in rete ha ricoperto il nostro ambiente, dotandole di una nuova patina di funzionalità. Sensori, videocamere e microcontroller vengono utilizzati in maniera sempre più diffusa per gestire l’infrastruttura cittadina, ottimizzare i trasporti, monitorare l’ambiente e far funzionare applicazioni per la sicurezza. I progressi nel campo della microelettronica consentono ora di diffondere ‘polvere intelligente’ – reti di minuscoli sistemi microelettromeccanici senza fili (MEMS), sensori, robot o dispositivi. Il fenomeno più di rilievo è l’esplosione della telefonia mobile in tutto il mondo. Nel 2007 venivano utilizzati nel mondo oltre 3,5 miliardi di telefonini. Senza distinzioni tra le classi socio-economiche e attraverso i cinque continenti, i cellulari sono onnipresenti.

Nell’insieme, questi oggetti e network digitali formano un’infrastruttura che ci consente di estrarre ed inserire informazioni quasi ovunque all’interno di una città, e in tempo reale. L’elaborazione di tali informazioni e la loro accessibilità pubblica può consentire alle persone di operare scelte migliori in merito all’uso delle risorse urbane, alla mobilità e all’interazione sociale. Questo “feedback loop” basato su sensori ed elaborazioni digitali può iniziare a farsi sentire in parecchi aspetti della città, complessi e dinamici, migliorando la sostenibilità economica, sociale e ambientale dei luoghi che abitiamo. Ad esempio, un trip planner automatico che si basa sulle informazioni in tempo reale relative alla posizione di autobus, treni e taxi, e ai livelli di traffico e di inquinamento, è in grado di aiutare chi è alla guida di un mezzo in transito a trovare non solo l’itinerario più veloce tenendo conto dei costi, ma anche quello che ha un minore impatto sulla qualità ambientale.

Informazioni così dettagliate non vengono raccolte e trasmesse solo attraverso sensori e computer ambientali dislocati nel tessuto urbano. Attraverso dispositivi digitali personali, quali i cellulari, la gente stessa può farsi sonda, segnalando ciò che la circonda, connettendo in maniera intelligente i collegamenti e la larghezza di banda che porta quasi ovunque vada. Di conseguenza, la nostra esperienza degli spazi urbani ne risulta trasformata: non sono più soprattutto i progettisti urbani a dar forma agli spazi della città, ma quasi chiunque è in grado di partecipare alla formazione dello strato digitale del nostro ambiente. In breve, la progettazione fisica e l’esperienza della città del futuro imminente sono strettamente in relazione con il collegamento e la trasmissione di informazioni digitali, in maniera “wikiana”.

La ricerca al senseable city lab si concentra sulle tecnologie in via di sviluppo in grado di mediare tra lo spazio urbano fisico e gli strati dei flussi digitali prodotti dalle attività urbane quotidiane, e sull’analisi delle variazioni che stanno subendo le nostre città a causa di questa convivenza con le tecnologie digitali. Attraverso i nostri progetti fino ad oggi, abbiamo esplorato aree quali l’arredo urbano interattivo, metodi di fusione dei dati, estrazione dei dati diffusa, visualizzazione dei dati in tempo reale, e altro. L’intento è di integrare gli aspetti degli studi urbani con architettura, ingegneria, interaction design, informatica e scienze sociali. In tal senso, a cinque anni dalla sua istituzione, il Lab si è sviluppato in un gruppo multidisciplinare di oltre 20 persone. Il ricco e valido ambiente intellettuale del MIT consente al Lab si riunire ricercatori provenienti da tutti questi diversi campi, creando così uno scambio di idee dinamico e produttivo.

Una cosa è certa: rinnovare la nostra comprensione dello stato della città richiede un approccio di ricerca estremamente interdisciplinare. Il nostro obbiettivo non è solo di progettare, ma anche di prevedere quali potrebbero essere le principali necessità e opportunità che le nostre città si troveranno ad affrontare man mano che si sviluppano assieme alla tecnologia. Descriviamo soluzioni che oggi potrebbero non essere alla portata della tecnologia, e lavoriamo con i nostri colleghi per sviluppare le basi scientifiche necessarie alla loro realizzazione. Ciò si rifà al concetto di Buckminster Fuller, padre della Comprehensive Anticipatory Design Science. Per citare una sua nota esclamazione: “… nell’Universo si procede con ordine, e per farlo bisogna innanzitutto liberarsi di qualsiasi idea di specializzazione. Bisogna sviluppare a pieno il proprio livello di istruzione e scoprire quale sia il proprio problema. Ci vuole molto tempo a raggiungere quel livello di conoscenza di qualsiasi cosa, ma una volta raggiunto, la si conosce in maniera tanto chiara e lucida che chiunque ci si metta e riesca a decifrarla non può assolutamente sbagliarsi.” (R. Buckminster Fuller, intervista a PLAYBOY, febbraio 1972)

 

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