Amleto Picerno Ceraso
[Making] [diid 59_15]
L’architettura e il design sono chiamate a rivedere dal profondo le possibilità, abilitate dal digitale, riguardanti la realizzazione di differenti manufatti. Il suo impatto in architettura sta solo oggi mostrando l’immenso potenziale che porta con sé, lasciando il “seminato” delle sue prime speculazioni per affermarsi come strumento d’indagine per nuove metodologie progettuali e pratiche costruttive. È possibile utilizzare l’approccio computazionale per la realizzazione di manufatti “informati”, che non siano solo progettati attraverso metodologie complesse, ma che incorporino al loro interno il codice che li ha generati?Nel contempo stiamo assistendo alla conformazione di una figura professionale che travalica gli ambiti di appartenenza e realizza nuovamente una sintesi compositiva che unisce nel profondo generazione e fabbricazione attraverso il digitale. Siamo preparati ad affrontare questa ulteriore opportunità?
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Cogliere lo spirito del tempo, inteso come Zeitgeist da Hegel nel suo saggio “Lezioni sulla filosofia della storia” (1840), è una delle aspirazioni più alte alla quale ogni professionista, chiamato ad operare nei differenti campi delle attività umane, fa tendere il proprio lavoro e le pratiche ad esso legate. L’architettura e il design, così come le pratiche progettuali e realizzative che ad esse portano, e i professionisti coinvolti lungo tutto il processo, che da oltre un ventennio fanno i conti con l’avvento del digitale all’interno del proprio lavoro, sono chiamati a rivedere dal profondo le possibilità alle quali il digitale stesso ha abilitato la realizzazione di differenti manufatti. Il suo impatto in architettura, sta solo oggi mostrando l’immenso potenziale che porta con sé, lasciando il seminato delle sue prime speculazioni, più concettuali che sostanziali, alle quali si era legato verso gli inizi degli anni Novanta per affermarsi come strumento d’indagine di nuovi approcci e pratiche. Essendo il digitale annoverato nell’ambito delle tecniche, allo stesso modo di alcune di esse, si attua quel mutamento per cui ad un significativo aumento di aspetti quantitativi, in questo caso riferiti alla potenza di calcolo, se ne produce uno di tipo qualitativo, che travalica l’obiettivo per cui è nato e trasmuta esso stesso da strumento digitale ad ambiente digitale. Questa modificazione si è riversata nei due ambiti legati alle discipline citate in precedenza, uno riguardante l’aspetto progettuale e l’altro che concerne le possibilità realizzative, attuando un riavvicinamento dei due che ne fa già ora accavallare i margini d’azione e che, probabilmente, produrrà in futuro la nascita di una figura professionale capace di essere nuovamente sintesi di tutti gli aspetti legati al design e all’architettura. Per quanto detto, s’impone una trattazione delle opere che sintetizzano questo nuovo approccio, in maniera da non slegare mai l’aspetto progettuale da quello realizzativo, proprio perché è nella loro fusione che si raggiungono i risultati migliori. Importante però, prima di citare i suddetti esempi, è tracciare in maniera separata le modalità con cui il digitale interviene in ambito progettuale e quelle in cui lo fa per la fabbricazione, così da penetrare fino in fondo quali sono i modi in cui si ottiene la sintesi sopra citata.
Per quel che riguarda l’approccio alla progettazione di manufatti, il digitale offre un ambiente ove esso non è più considerato come supporto a tali attività,ma ne diviene elemento fondante. I sistemi CAD ormai hanno perso il loro carattere di “aiuto” al disegno e, attraverso l’eliminazione della A, si è giunti ad identificare nell’acronimo CD, che sta per computational design, quelle pratiche progettuali possibili solo grazie all’uso di questo strumento. Infatti, sia per quel che concerne l’approccio parametrico gestito da software visuali di manipolazione delle informazioni attraverso algoritmi, come ad esempio Grasshopper[1], sia per quanto riguarda l’approccio generativo, effettuato attraverso lo stesso Grasshopper in un utilizzo spinto o con software più propriamente adatti alla gestione di un grande quantitativo di informazioni con cui si attua un tipo di programmazione orientata agli oggetti[2], si è di fronte a strumenti che non potrebbero essere sostituiti da una versione “analogica” degli stessi, così come invece accadeva con strumenti CAD. Proprio nella programmazione orientata agli oggetti,messa in pratica ad esempio attraverso Processing[3], si attua quel principio emulativo in ambito computazionale con cui si realizza appieno l’utilizzo degli strumenti digitali intesi come mezzo di indagine in ambito progettuale. Precise informazioni da attribuire ad enormi quantità oggetti, intesi come elementi generici, in modo da definirne caratteristiche proprie e comportamentali all’interno di un ambiente di cui allo stesso modo possiamo definire dimensioni, caratteristiche puntuali e relazionali, permettono ad esempio di emulare le dinamiche di come i c.a.s.[4] evolvono ed organizzano la materia di cui dispongono in determinate condizioni. Tale studio ci porta alla generazione di forme che sono il risultato di un continuo ciclo di negoziazioni tra istanze informative in continua evoluzione. Ciò avviene in modo simile, ad esempio, ai processi che mettono in essere gli sciami di api per la costruzione del proprio alveare. Questa struttura, dotata di performance qualitative altissime, non ha un disegno predeterminato e non si suppone più sia scritta nel linguaggio della matematica, come suggeriva Galilei, piuttosto è possibile fornirne un’interpretazione attraverso quel linguaggio, bensì sembra più plausibile l’ipotesi che essa venga generata da un continuo scambio di informazioni, limitato nel numero a pochi soggetti, tra gli agenti all’interno dello sciame e le informazioni con l’ambiente esterno, che dona la capacità a tutto il sistema di adattare, in tempo reale, le proprie attività, comprese quelle costruttive. Questi risultati sono tipici all’interno dei sistemi complessi e vengono chiamati “comportamenti emergenti”. Non esiste un’ape architetto, bensì le caratteristiche di tutto il sistema complesso “sciame”, con le quali esso comunica, vive ed organizza le proprie attività, permettono la nascita di una risposta “ambientale” che si manifesta a noi come la costruzione di un alveare. Sistemi computazionali che emulano comportamenti su descritti, trovano applicazione nella generazione di forme che seguono un processo progettuale, cosiddetto bottom-up, contrapposto a quello top down in cui la forma è in qualche modo pre fornita. Alla luce delle possibilità che un tale approccio computazionale offre all’ambito architettonico e del progetto di design, sembra una naturale conseguenza lo spostamento di alcuni paradigmi progettuali verso temi conosciuti, come quello della natura, o verso pratiche note, come quella del form-finding, ma esercitate con un’attenzione non più concentrata solo sul prodotto finale, bensì focalizzata molto di più sui processi capaci di generare non un singolo risultato, ma una famiglia allargata di possibili prodotti, un fenotipo all’interno di un genotipo. Per quel che concerne, invece, l’impatto del digitale sulle pratiche costruttive e sulle tecniche manifatturiere in generale, esso comprende in questo momento tutte le attività che vanno sotto il nome di digital fabrication. In particolare la fabbricazione attraverso l’uso di macchine a controllo numerico, sempre più preformanti e flessibili, da un lato abilita alla realizzazione di morfologie che altrimenti sarebbero restate solo in versione bidimensionale, dall’altro spronano l’approccio progettuale verso la massimizzazione delle potenzialità lavorative delle stesse macchine.
L’aspetto interessante di questo approccio è legato al fatto che le suddette potenzialità non riguardano solo tecnologie nuove, come ad esempio la stampa 3D, ma sono allargate a tutta la gamma di lavorazioni che potrebbero essere attuate attraverso l’uso del digitale.
Come spiega Neil Gershenfeld, direttore del Center for Bits and Atoms delMIT, “Il futuro è trasformare i dati nelle cose, e non è né un sistema additivo né sottrattivo. Nel 1952 è stato collegato il primo computer ad una fresatrice. Quello che si è sviluppato dal 1952 in avanti è una rivoluzione digitale nel fare le cose”. Per Gershenfeld, la vera rivoluzione della fabbricazione è molto più profonda: consiste nell’aggiungere programmabilità al mondo fisico. In un esempio per esplicitare questo concetto, egli ha suggerito di confrontare le prestazioni di una stampante 3D ad un bambino che assembla costruzioni Lego. L’assemblaggio della costruzione da parte del bambino sarà più accurata rispetto alle capacità motorie dello stesso, in quanto i pezzi sono progettati per montarsi insieme in allineamento. Il processo di stampa 3D, invece, accumula errori,magari a causa di un’adesione imperfetta negli strati inferiori. Una materia capace di essere programmabile, funzionerebbe come i mattoni della Lego. Neil Gershenfeld ha spiegato come il sistema di costruzione della Lego rappresenti la digitalizzazione del materiale, mentre la stampa 3D è ancora un processo analogico che attinge a strumenti digitali e, proprio come abbiamo fatto con i Lego, dobbiamo cominciare a digitalizzare la fabbricazione imparando a programmare la crescita deimateriali inmodo che “il codice sia immesso in loro e non li descriva solamente, ma diventi esso stesso materiale“.
“La fabbricazione digitale è digitalizzare non solo la fabbricazione ma il design, i materiali e il processo”[5]. Essa è, quindi, un processo di più lavorazioni che usa strumenti digitali per programmare la materia a diverse scale, al fine di ottenere un manufatto dalle prestazioni più elevate. Il fine ultimo, sia dell’approccio progettuale legato al computational design, sia delle pratiche di fabbricazione digitale, risiede quindi nella possibilità di informare la materia, di renderla programmabile, di progettare non più il prodotto ma il processo che porta all’aggregazione della materia in differenti stati e che può avvenire a più scale, da quella molecolare a quella macroscopica, con materiali che ad oggi non sono considerati propri delle discipline sopra citate, ma che in futuro saranno sempre più vicini a quelli “vivi”. L’approccio biomimicry all’architettura trova da questo punto di vista una ragione nuova e sembra essere affrontato nella sua essenza più profonda, quella cioè che non cerca solo di imitare o prendere spunto dalla natura per l’ideazione di soluzioni o la generazione di forme, bensì quella che tende alla comprensione delle regole e dei processi che organizzano la materia in forma.
Su questo filone sono molti gli esempi che si potrebbero citare e che esplicitano gli argomenti su trattati. Su tutti ne emergono due per la coerenza interna con cui sono arrivati al risultato finale e per le qualità intrinseche dello stesso. Il primo riguarda un lavoro di Neri Oxman sviluppato nell’ambito della collaborazione con la stilista Iris Van Herpen per il suo show “Voltage”[6]. L’abito stampato in 3D è stato prodotto utilizzando la tecnologia Objet Connex per la stampa multimateriale della 3D Stratasys. Essa permette una varietà di proprietà dei materiali da stampare in una singola generazione. Il progetto riesce nell’intento d’immettere informazione nella materia, donando allo stesso pezzo stampato differenti proprietà, da quelle che riguardano la meccanica poiché la parte nera è più flessibile della parte bianca, a quelle che riguardano il colore, fino alle proprietà relative alla forma. L’aspetto progettuale, in questo caso, è stato portato avanti di pari passo alla ricerca tecnologica sui sistemi di stampa della Stratasys. Si realizza, quindi, quella sintesi tra progetto e possibilità realizzative che porta i manufatti artificiali ad assumere performance molto più elevate di quelle attualmente in uso comune.
Nella pratica di Oxman è evidente un tipo di ricerca che parte da un approccio form-finding alla progettazione, ma che si sposta su sentieri che indagano nel profondo i processi di organizzazione della materia in natura. La stessa Oxman[7] racconta come l’approccio progettuale classico permette di attingere ad una varietà di materiali scelti di volta in volta per caratteristiche meccaniche o funzionali ipotizzando la distribuzione di quel materiale come isotropa. In natura, però, secondo Oxman, sono rare le configurazioni isotrope, poiché l’aggregazione della materia crea materiali anisotropi, che sfruttano appieno il principio delminor sforzo con il massimo risultato, riuscendo a modulare le caratteristiche dell’elemento naturale e mutando la composizione strutturale del materiale stesso, in relazione a differenti direzioni spaziali. Un’anisotropia digitale è quella che tenta di muovere i passi nei lavori portati avanti dal gruppo delMitMediatedMatter[8], dove le prestazioni delle tecnologie di fabbricazione digitale sono spinte al massimo. Qui si attua la realizzazione di manufatti in cui la materia viene organizzata ed aggregata a differenti scale, in modo non omogeneo, né per direzione, né per densità, né per tutte le caratteristiche della stessa che si possono riuscire a governare attraverso sia gli strumenti che si utilizzano, sia attraverso l’approccio computazionale al progetto. Il secondo esempio riguarda il padiglione costruito nel 2010 presso l’Università di Stuggart dal gruppo di ricerca ICD/ITKE[9] guidato dal prof. Achim Menges. La struttura innovativa mostra gli ultimi sviluppi nella progettazione computazionale, nella simulazione e nei processi di fabbricazione in architettura. Il risultato è una costruzione in legno a piegatura attiva, realizzata interamente da sottili strisce di compensato elasticamente piegate. Tale padiglione ricerca una strada alternativa a questo approccio al design computazionale: qui la generazione delmodello di calcolo è direttamente guidata ed informata dal comportamento e dalle caratteristiche fisiche dei materiali. La struttura è interamente basata sul comportamento in flessione elastica di strisce di compensato di betulla. Le strisce sono fabbricate da antropomorfi a 5 assi come elementi planari e, successivamente, collegati in modo che le regioni elasticamente piegate e in tensione siano alternate nella direzione della loro lunghezza. La forza che viene memorizzata localmente in ciascuna regione piegata della striscia e mantenuta dalla corrispondente regione di tensione della striscia adiacente aumenta notevolmente la capacità strutturale del sistema. Tali dipendenze parametriche sono state definite attraverso un gran numero di esperimenti fisici, focalizzati sulla misurazione delle deviazioni del compensato curvato e su altrettante simulazioni virtuali. Nel padiglione di Achim Menges, la sintesi tra approccio progettuale e realizzazione è tesa ad usare l’integrazione tra caratteristiche materiche e proprietà fisiche come input per il governo del processo di generazione della forma.
È a questi esempi che, a mio parere, dobbiamo guardare per ricercare uno spirito contemporaneo nel fare architettura e design.
(1) Grasshopper è uno dei più potenti strumenti parametrici per la generazione ed il controllo di forme complesse a qualsiasi scala: dall’architettura al design. Distribuito gratuitamente come plug-in di Rhinoceros, Grasshopper è in grado di generare forme tridimensionali complesse attraverso la definizione di un diagramma a nodi che descrive le relazioni tra le parti di un qualsiasi progetto.
(2) La programmazione orientata agli oggetti (OOP, Object Oriented Programming) è un paradigma di programmazione che permette di definire oggetti software in grado di interagire gli uni con gli altri attraverso lo scambio di messaggi.
(3) Processing è un linguaggio di programmazione che consente di sviluppare diverse applicazioni come giochi, animazioni e contenuti interattivi. Eredita completamente la sintassi, i comandi e il paradigma di programmazione orientata agli oggetti dal linguaggio Java, ma in più mette a disposizione numerose funzioni ad alto livello per gestire facilmente gli aspetti grafici e multimediali.
(4) I Sistemi adattativi complessi sono una “raccolta macroscopica complessa” di “microstrutture simili e parzialmente connesse tra di loro”, formate in modo da adattarsi all’ambiente che cambia, e aumentare la sua capacità di sopravvivenza come macrostruttura.
(5) Olivia Solon, Digital fabrication is so much more than 3D printing, Wired, 2013.
(6) More info on: http://www.materialise.com/cases/iris-van-herpen-debuts-wearable-3d-printed-pieces-at-paris-fashion-week
(7) Architettura & Design, Numero 216, Marzo-Aprile 2012.
(8) Il Mediated Matter è un gruppo dedicato allo sviluppo e all’applicazione di nuovi processi che consentono e supportano il design di materia fisica, e la sua adattabilità alle condizioni ambientali nella creazione della forma.
(9) See the video on http://vimeo.com/98783849
¶ Nick Dunn, Digital Fabrication in Architecture, September 19, 2012.
¶ Lisa Iwamoto, Digital Fabrications, Architectural and Material Techniques (Architecture Briefs).
¶ Farshid Moussavi, Function Of Form, October 2009.
¶ Wassim Jabi, Brian Johnson, Robert Woodbury, Parametric Design for Architecture, September 3, 2013.
¶ Material Computation: Higher Integration in Morphogenetic Design, AD april 2013.
¶ Computation Works: The Building of Algorithmic Thought, AD april 2013.
¶ Achim Menges, Sean AhlquistComputational Design Thinking: Computation Design Thinking, October 2011.
¶Michael Hensel Performance-Oriented Architecture: Rethinking Architectural Design and the Built Environment, April 2013.
¶ Yasha J. Grobman, Eran Neuman Performalism: Form and Performance in Digital Architecture, October 2011.
¶ Jane Burry, Mark Burry, The New Mathematics of Architecture, April 2012.
7 Novembre 2017
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